‘Mpeu Alessandrelli, il pescatore dello squalo bianco

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Lo ha salutato il vento. Nei giorni scorsi, quando il gallipolino Pompeo Alessandrelli ha concluso, a 89 anni compiuti, la sua navigazione nel mare della vita, si può ben dire che lo ha salutato un vento che nel volgere di poche ore ha spirato in veloce successione di quadranti, teso quanto bastava per farsi ascoltare dagli uomini e dal mare.

Conosceva, ‘Mpeu, il vento, come conosceva le nuvole e l’alba e il tramonto e i segni del tempo, ma conosceva soprattutto il mare e le correnti e i luoghi in cui pesci si danno appuntamento per diventare abbondante dono divino agli uomini. Perché lui godeva della conoscenza sapiente di chi aveva cominciato ad andare per mare da ragazzo muovendo la barca con la forza delle braccia. E santificava le feste, per dimostrare gratitudine a Colui che rendeva proficuo salpare le reti.

Aveva fatto delle scelte di vita, di cui si dirà tra breve, in costanza della volontà di essere un buon padre di famiglia e un bravo pescatore, riservato, conosciuto solo dagli amici e dalla comunità di pescatori come lui. Diventò un “personaggio” suo malgrado.

Successe nel 1978. Il 23 luglio, vigilia della festività della compatrona Santa Cristina, con la sua motobarca di 11 metri di lunghezza – la Sant’Antonio I – ed il suo equipaggio, aveva posizionato il tramaglio a ponente della città, oltre l’isola di Sant’Andrea. Sarebbe rimasto in acqua un giorno in più, perché il giorno successivo non avrebbero lavorato: la Santa andava onorata.

Il giorno della festa passò, ma i giovani che in barca condividevano il lavoro con lui – altre tre persone, tra figli e congiunti – gli avevano chiesto di rimanere a terra anche il giorno successivo, sapendo che avrebbero fatto le ore piccole. In conseguenza, la barca prese il largo il 26, un sabato.

Alle prime luci del giorno, quando, dopo tre quarti d’ora di navigazione, raggiunsero il luogo in cui avevano posizionato le reti e cominciarono a salparle, i pescatori s’avvidero subito che c’era qualcosa di strano. Il peso da sollevare era eccessivo, fuori da qualsiasi norma. Poi videro la coda. “Una verdesca”, pensarono e dissero. Di dimensioni inusitate. Non vedevano la testa, che era sotto la barca, ma sicuramente era un pesce di dimensioni tali, come non ne avevano mai catturati. Né loro, né altri.

Cosa fare? Toccava a ‘Mpeo, comandante e responsabile delle vite dell’equipaggio e della propria, decidere per il meglio. Per un verso, c’era il rischio che il grosso pesce capovolgesse la barca: aveva la coda impigliata nelle reti, sembrava stremato dai tentativi fatti per liberarsi, ma con un colpo della grossa testa avrebbe potuto senz’altro fare volare gli uomini in mare. Per altro verso, però, tagliare le cime e perdere le reti era un grosso danno, mentre la verdesca era commestibile e una pesca così non si era mai vista. Decisero di rimorchiare reti e pescato.

Il viaggio di ritorno durò il doppio di quello di andata, a causa del peso che faceva ansimare il motore e rallentava fortemente la velocità dello scafo, ma agli uomini a bordo sembrò ancora più lungo, interminabile. Quando giunsero in porto, si pose il problema di come sbarcare lo squalo. Un aiuto, venne dallo stesso pesce, che nell’ennesimo tentativo di liberarsi dalla rete, sbatté il capo contro la banchina e ne rimase tramortito, se non proprio ucciso. Fu poi provvidenziale la presenza nello scalo di un mercantile munito di gru. Insomma, lo squalo fu sbarcato.

Non c’erano all’epoca, giova ricordarlo, i telefoni cellulari, ma il passaparola non fu meno efficace nel fare accorrere al porto una moltitudine di persone per vedere lo squalo e il pescatore che lo aveva catturato e il suo equipaggio. Giunse anche un veterinario, per attestare che non si trattava di una verdesca, bensì di un pericoloso squalo bianco. L’esemplare – lungo 6 metri e del peso di 7 quintali – fu sezionato e venduto. Gli acquirenti furono particolarmente interessati alla testa dalle grandi fauci: i denti di squalo hanno sempre avuto vasto mercato.

L’impresa di ‘Mpeu “Togliatti”, soprannome che gli era stato affibbiato da giovane per la somiglianza con il leader comunista favorita dagli occhiali dalle spesse lenti, ebbe grande risalto sui media. Lo squalo e chi lo aveva catturato furono bersaglio di scatti fotografici e anche dopo parecchi lustri dal 1978, gli ingrandimenti hanno trovato acquirenti tra i turisti. Così, ‘Mpeu divenne un personaggio.

Le scelte di vita, come si diceva prima, erano invece andate in tutt’altra direzione.

Aveva cominciato a fare il marinaio su barche a remi di proprietà di terzi, in un periodo in cui il pescato era abbondante, ma il prezzo al mercato troppo basso. Poi era stato imbarcato su motobarche ed era andato “alla praja”, come si chiamavano le campagne di pesca che intorno agli Anni ’50 del secolo scorso gruppi di barche esercitavano sui litorali a grande distanza dalla città. L’assenza da casa si prolungava per parecchi giorni, ma i sacrifici dei pescatori erano ripagati da buoni guadagni.

‘Mpeu, d’altra parte, aveva un obiettivo da raggiungere: diventare padrone di un’imbarcazione. Coinvolse la moglie nella decisione, consapevole che avrebbe richiesto sacrifici da parte di tutti; lavorarono, risparmiarono, raggiunsero l’obbiettivo. Lui seguì personalmente ogni fase della costruzione della barca, dalla scelta del legname alla forma che il maestro d’ascia diede all’ossatura, dal fasciame al motore. La famiglia lavorò alla preparazione delle reti. Infine, la barca fu battezzata “Sant’Antonio I “ e varata. E lui le riservò sempre, in nome della sicurezza,  grande attenzione, sottoponendola a manutenzione semestrale perché il legno doveva essere sempre integro e idoneo a resistere ad eventuali mareggiate.

Dopo, operò una scelta ancora più significativa. Quando alcuni suoi colleghi decisero di modificare tipologia di pesca e molti a puntare su quella dei gamberoni, ‘Mpeu rimase fedele al tramaglio. Non voleva rinunciare ad andare a pesca ogni giorno, domenica esclusa beninteso, e ogni volta assistere alla “scoperta” di ciò che le reti consentivano di sistemare nelle cassette. Per lui, la pesca non poteva essere routine e nella lunghissima teoria di giorni in cui ha pescato, non ha mai perso la capacità di meravigliarsi per i doni del mare, doni del Creato. Ed ha coltivato questi pensieri con serietà e garbo e riservatezza anche quando aiutava, come poteva, il prossimo. Tutto questo, si è aggiunto alla sua impresa che non ha avuto emuli e spiega perché ‘Mpeu “Togliatti” Alessandrelli si è meritato il rispetto della comunità.

Ora che non c’é più, il vento potrà raccontare sempre meno storie di vita e di mare come la sua.

Gallipoli, 10 agosto 2021

Giuseppe Albahari

 

Si ringrazia la Famiglia Alessandrelli per aver messo a disposizione le immagine pubblicate. Nella foto superiore, il cerchio indica ‘Mpeu.

 

   

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